Dopo aver terminato “Il Colibrì” sono andata a rileggermi un libro di Sandro Veronesi che avevo già letto e che conservavo nella mia libreria: “La forza del passato“. (ed. Bompiani, 2009)
Gianni è uno scrittore di racconti per ragazzi; ha circa 30 anni, una bella moglie, un bambino in salute ed il suo lavoro gli frutta un buon guadagno e notorietà. La sua vita cambia quando viene a scoprire che suo padre, morto da pochi giorni, era una spia russa che per decenni aveva lavorato sotto copertura. Tutto intorno a lui sembra sgretolarsi perché iniziano una serie di disavventure e si scoprono altre verità, ma Gianni avrà la fortuna e la capacità di reagire.
Con uno stile denso e preciso Sandro Veronesi discende insieme a noi negli meandri mentali dell’uomo, in uno dei temi classici della letteratura: chi siamo davvero quando cadono tutte le maschere e gli alibi, come ci trasfigurano gli occhi degli altri e soprattutto l’incomprensibile enigma delle persone che abbiamo accanto tutta la vita. Così come succede al protagonista, dobbiamo arrivare ad accettare l’abisso oscuro che ci portiamo dentro e a capire che si può amare anche così, che si deve amare anche così, doppiamente: amando il conosciuto e l’inconoscibile.
In seguito sono andata a cercarmi “Caos Calmo“, quel romando il cui titolo contraddittorio mi affascinava, così come io ero rimasta affascinata dalla scrittura, dalla profondità di analisi di Sandro Veronesi. (ed. Bombiani, 2005)
Pietro Paladini è un uomo apparentemente realizzato, con un ottimo lavoro, una donna che lo ama, una figlia di dieci anni. Ma un giorno, mentre salva la vita a una sconosciuta, accade l’imprevedibile, e tutto cambia. Pietro si rifugia nella sua auto, parcheggiata davanti alla scuola della figlia, e per lui comincia l’epoca del risveglio, tanto folle nella premessa quanto produttiva nei risultati. Osservando il mondo dal punto in cui s’è inchiodato, scopre a poco a poco il lato oscuro degli altri, di quei capi, di quei colleghi, di quei parenti e di tutti quegli sconosciuti che accorrono a lui e soccombono davanti alla sua incomprensibile calma. Così la sua storia si fa immensa, e li contiene tutti, li ispira fino a un finale inaudito eppure del tutto naturale.
E infine ho ricevuto in dono (richiesto) “Terre rare“, il pratica il seguito di Caos Calmo. (ed. Bompiani, 2015)
Nel giro di ventiquattro ore un uomo perde il controllo della propria vita: fa un grave errore sul lavoro, gli viene sequestrata la patente, trova l’ufficio sigillato dalla Finanza, scopre che il suo socio è fuggito lasciandolo nei guai, rompe definitivamente con la sua compagna – e nel frattempo sua figlia è scappata da casa. Credendosi braccato, fugge a sua volta, alla cieca, ma lo sfacelo cui si è di colpo ridotta la sua vita, man mano che egli lo affronta, si rivela sempre più chiaramente un approdo, fatale e familiare – secondo una mappa interiore che era stata tenacemente rimossa.
Quest’uomo è Pietro Paladini, l’eroe immobile di Caos calmo, che nove anni dopo ritroviamo nella situazione opposta, roso dall’ansia e senza più un posto dove stare, costretto a vagare alla ricerca di quella pace improvvisamente perduta, o meglio – e questa sarà la sua scoperta – mai veramente avuta.
La rimozione, la fuga, la famiglia che si disgrega, il confuso declino dell’Occidente, lo sforzo tragicomico di restare onesti in un tempo che spinge continuamente verso l’illegalità – e poi, di colpo, la verità. Alla fine di Caos calmo Paladini rispondeva a un celebre verso di Dylan Thomas affermando che “la palla che lanciammo giocando nel parco è tornata giù da un pezzo. Dobbiamo smettere di aspettarla”. Si sbagliava, la palla era ancora per aria. Torna giù ora, in “Terre rare”.